La gabbia delle discipline. 3. Lettera di Tiziana Drago
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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La gabbia delle discipline. 3. Lettera di Tiziana Drago

20 aprile 2016

Cari e care,

grazie infinite a Piero per le tracce di percorso indicate e per aver fatto nascere un dibattito bello, utile, serrato, a stretto giro di posta.
Penso anch’io si debba proporre una riflessione politica sulla frammentazione dei saperi e su come essa abbia costruito nel tempo l’isolamento degli specialismi e quindi un pezzo grande della perdita di senso del mondo in cui operiamo oggi.

Mi pare che questa analisi incroci una riflessione sul persistere di impermeabili ripartizioni disciplinari tra materie scientifiche e materie umanistiche (a parte gli esempi virtuosi citati da Piero…), specchio di quella reciproca incomprensione tra le due culture che ha contribuito a confinare il nostro Paese ai margini del dibattito culturale internazionale.

Bisognerebbe almeno sollecitare la percezione di quanto fondante sia la componente teorica (ed estetica) nella creazione scientifica che non si traduca in mera tecnica strumentale. E qui potremmo, credo, non limitarci alla riflessione teorica e proporre su alcuni temi fondanti (il corpo, il paesaggio, la malattia, ecc.) anche una prassi (esempi concreti) di incontro tra saperi di ambiti differenti. Con modalità che parlino a molti, certo, come suggerisce Scandurra.

Concordo anche con la considerazione fondante del mondo della formazione e qui chiederei senz’altro la collaborazione di alcuni docenti-intellettuali che operano nella scuola pratiche di interdisciplinarietà assai avanzate e interessanti.

È a mio avviso indispensabile che la nostra osservazione incroci il tema della frammentazione come paradigma del lavoro contemporaneo e attivi un confronto che dica qualcosa di diverso sulla natura della ricerca, operando una critica della sua attuale condizione proprio a partire dal dialogo tra generazioni diverse di lavoratori della conoscenza (i ricercatori precari e strutturati, gli intellettuali accademici e non, gli insegnanti, …).

E qui mi sembrano particolarmente acuti gli spunti di Velio Abati: la perdita di mandato sociale e di centralità dell’intellettuale ha segnato il passaggio dal grande intellettuale “complessivo” all’interprete.

Le intelligenze individuali e collettive, inserite come sono in posizione subordinata all’interno dei grandi complessi produttivi o istituzionali, da un lato corrono il rischio di diventare mero ingranaggio del sistema comunicativo, elementi facilmente sostituibili e intercambiabili, dall’altro sono costrette ai margini degli apparati di cui fanno parte, a configurare figure di intellettuali outsider e plurifungibili.

Ecco cosa intendo per “riflessione politica”: cogliere l’occasione per spingere più in alto in problema e trovare più in alto la soluzione.

Quando, se non adesso? Abbiamo detto che vogliamo avviare una riflessione, ma io direi, anche un’altra forma di riflessione, perché non possiamo solo vivere questa occasione come un tempo a disposizione per fare le stesse cose di prima ma un po’ di più; dobbiamo, credo, produrre un avanzamento del modo e delle domande.

Buon lavoro a tutti e a tutte! Un saluto caro,

Tiziana Drago

Alla lettera di Piero Bevilacqua rispondono: Enzo Scandurra e Tiziana Drago.

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